Mai nella storia delle avanguardie
artistiche del 900 ci si imbatte in una figura così particolare e
unica come Paul Klee. Nativo di Berna la sua non può essere
semplicemente annoverata tra le pitture d'avanguardia che
scimiottavano il cubismo e il futurismo. Se infatti la sua è una
pittura astratta per alcuni versi può essere considerata più
naturale e vera di quella dei cubistie e dei futuristi. Mentre
infatti i futuristi volevano "fermare" il movimento,
rappresentare il mondo frenetico della metropoli, e, come "fermare"
sulla tela qualcosa che si muove.... lo scacco era là ad aspettarli,
la contraddizione era palese, il loro tentativi sono stati affrontati
in vario modo: o le forme puntinate di Boccioni o i raggi e le
spirali di Balla. Dall'altra parte la scomposizione dello spazio
cubista di Picasso partiva comunque da una realtà e tentava di
decomporla, interpretando una nuova visione che mirava ad
oltrepassare lo spazio prospettico rinascimentale. Klee va in
un'altra direzione ciò che a lui interessa dell'arte è la genesi,
il movimento in una accezione diversa dai futuristi abbiamo visto. La
sua pittura parte sempre dalla natura dal vero ma non è un semplice
processo mimetico il suo vuole rendere visibili anche le cose
invisibili. "l'arte non ripete le cose visibili ma rende
visibile" nell'incipit di un suo scritto molto importante
"Confessione Creatrice" in cui si intuiscono le sue letture
Goethiane.
Goethe lo si trova sempre nell'opera
pittorica di Klee, soprattutto per il suo rapporto con la natura e la
sua genesi. Noto è il brano di Goethe nel suo viaggio in Italia nel
quale descrive la sua esperienza all'orto botanico di Palermo.
Infatti osservando le varia parti delle piante intuì che queste non
sono che frammenti, parti di una pianta madre primordiale, archetipo
della pianta. Non ci sono disegni di essa essendo puramente ideale:
un eidos platonico. Siamo
molto lontani dalla concezione
darwinista dell'evoluzionismo, e Klee abbraccia questa idea goethiana
della genesi della primordialità delle cose di natura. Il legame di
Klee con la natura è inscindibile, anche nei suoi quadri più
astratti esiste sempre una traccia dell'elemento naturale, a
differenza di altra pittura astratta per esempio quella di
Kandinsky
in cui vi sono anche paesaggi "dell'anima" totalmente
lontani da qualunque rapporto mimetico con la natura. Klee non imita
le forme visibili ma si rifà ai primordi del visibile, all'origine.
Un
quadro in particolare (fig. 1) ci aiuta a capire meglio questi
concetti, in occasione di un viaggio in Tunisia in cui Klee rimarrà
folgorato dai colori e dal clima dal clima di quei luoghi fino a dire
nei suoi diari: 1914 "Interrompo il lavoro. Un senso di conforto
penetra in me, mi sento sicuro, non provo stanchezza. Il colore mi
possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per
sempre lo sento. Questo è il senso dell'ora felice: io e il colore
siamo tutt'uno. Sono pittore".
Fig. 1 Monumento al paese fertile. |
Alcuni critici parlano infatti di
due fasi dell'opera di Klee una prima e una dopo il viaggio il
Tunisia appunto per questa sua maturità consapevole dell'essere
artista, e più che artista "Pittore". Il quadro si diceva
è intitolato Monumento al paese fertile, una astrazione di quella
che può essere una fotografia dall'alto del paesaggio che da desertico
si trasforma in paesaggio fertile, popolato. Ricordando una certa
assonanza con le partiture musicale, Klee lo sappiamo è stato un
ottimo musicista, il quadro ha una sua logica ritmica: una parte si
divide in due, poi in quattro, poi in sedici da destra verso
sinistra, ancora qui troviamo una certa idea di movimento nel senso
di transizione, passaggio non nel senso dinamico dei futuristi
ricordiamolo. Un'altra opera che fissa l'idea del movimento è
"Separazione di sera" (fig. 2): riportiamo le sue stesse
parole: "intervenendo movimento e contromovimento (salita e
caduta), gli opposti collidono (...) la base normativa superiore
(scura) è accentuata con maggiore vigore: l'irrompente oscurità
prevale".
Fig. 2 Separazione di sera. |
Anche qui ci troviamo di fornte un'opera
bidimensionale, Klee ha già fatto una riflessione sulla
tridimensionalità nell'arte e nella pittura, tre quadri in
particolare spiegano questo: il Ricordo di Gersthofen (fig. 3) nel
1918 ci troviamo di fronte ad una prospettiva pre rinascimentale una
prospettiva in cui ci si ricorda di una certa pittura medievale,
giottesca direi, la scena è racchiusa in una scatola la cui
assonometria non è ben definita.
Fig. 3 Ricordo di Gersthofen 1918. |
L'altro quadro è la "Stanza
Prospettica con abitanti" (fig. 4) del 1921: una griglia rigida
di linee "incastra" lo spazio, due figure umane sono stese
a terra impigliate anche loro nella trama delle linee prospettiche,
ci troviamo di fronte alla rigidità della prospettiva
rinascimentale, uno spazio scientifico in cui la libertà artistica è
quasi schiacciata.
Fig. 4 Stanza prospettica con abitanti. |
La liberazione avviene nel quadro:
Nichtkomponiertes Im Raum del 1929 (fig. 5). Lo spazio si è aperto
non esistono più rigide linee prospettiche che incasellano lo
spazio, è il trionfo della spazialità contemporanea, i volumi
fluttuano nello spazio senza alcuna griglia.
Fig. 5 Nichtkomponiertes Im Raum |
É questa libertà che
fa dire Klee l'arte risale alle genesi al processo di formazione, si
tratta di attingere ad un fondo segreto come magistralmente ha
descritto Marco Vozza nel suo testo: la
forma del Visibile: filosofia e pittura da Cezanne a Bacon.: "Non
limitandosi a riprodurre il visibile della percezione ottica, l'arte
determina quell'ampliamento d'esperienza di cui parlava Fiedler,
promuove un incremento d'essere perchè è capace di trasformare
bagliori fortuiti in significati strutturati, portando tragicamente
alla luce tutti quei mondi possibili, in cui albergano i morti e i
non nati, che soltanto un angusto principio di realtà o la
perseveranza di un'estetica naturalistica possono trascurare,
confinandoli nel regno dell'incompiuto". Si parla di mondi
possibili in una dimensione che sta tra la vita e la morte quel mondo
di mezzo spiegato nel doppio regno da Rilke nei sonetti ad Orfeo
nella prima elegia. È quel doppio regno "la cui profondità o
influsso noi, ovunque indelimitati, dividiamo con i morti e con
coloro che verranno". E anche il regno degli angeli, troppo
imperfetti per essere come Dio e troppo perfetti per essere come gli
uomini. È un topos di Klee quello dell'angelo, nessun essere è
stato più presente di lui nella sua produzione, sono tuttavia angeli
caduchi, infelici con una dubbia femminilità. Il primo di essi è
"L'eroe con l'ala" appartiene al primo periodo pittorico di
Klee, vi è raffigurato una figura deforme con un'ala sola, di una
creatura che ha tentanto di volare ma che resta sempre a terra, cade
continuamente ma tuttavia rimane il desiderio
del volo, ha perso anche il braccio o forse si è trasformato in ala,
un'ala che non gli permette di volare però. "La
mia ala è pronta al volo/ritorno volentieri indietro/poiché
restassi pur tempo vitale,/ avrei poca fortuna» recita una poesia di
Gershom Scholem, amico e scrittore di Walter Benjamin, che ha fatto
del quadro Angelus Novus di Klee una vera e propria icona centrale
delle sue "Tesi sul concetto di storia". In quest'ultimo
testo infatti viene ribaltato il concetto classico di storia sia
nella visione hegheliana che quella marxista, l'una il senso ideale
la prima, l'altra in senso materialistico la seconda entrambe avevano
in comune un concetto di storia lineare, progressiva con una tensione
verso il miglioramento, la storia è una freccia rivolta in una certa
direzione, con un atteggiamento passivo dello status quo.
Fig. 6 Angelus Novus |
Benjamin
sovverte tutto questo: nel rapporto presente-passato si cerca la
redenzione attraverso la memeoria. " "È il presente che
genera dal suo interno il proprio passato, e il passato non può
sussistere indipendentemente da un presente che lo testimonia e lo
redime." dice Benjamin. E riguardo al quadro di Klee (fig. 6):
"C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si
trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui
fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali
distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il
viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli
vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine
e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i
morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio,
che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può
chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a
cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui
al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta."
L'angelo
di Klee e di Benjamin è un angelo che cerca qualcosa di positivo
affinchè non ci arrendiamo al nichilismo e alla morte del senso che
pervade i nostri giorni, ma fa intravvedere pur nella caducità un
forma di lotta contro il nulla contemporaneo.
Bibliografia:
Giuseppe di Giacomo, Introduzione a
Klee, Editore Laterza 2004
Argan,
Prefazione a Paul
Klee, Teoria della forma e della figurazione, Feltrinelli
Milano1959
M.
Pasquali, Paul Klee figure e metamorfosi,Mazzotta
Milano 2000
L. La stella A. Cevernini, Gli infiniti nomi dell'angelo, ed. Inconscio e Società, 2014.
M. Vozza, La forma del Visibile: filosofia e pittura da Cezanne a Bacon. Pendragon 1999.
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