Aveva solo 25 anni quando il giovane
pittore cadorino Tiziano fu incaricato da Niccolò Aurelio di
dipingere un quadro che rappresentasse l'amore eterno spirituale e
l'amore complesso terreno. Niccolò Aurelio era veneziano, e la
Serenissima usciva da una lunga guerra con la terraferma guidata
dalla cosidetta Lega di Cambrai, che, spinti da Massimiliano I
d'Asburgo voleva battere la prestigiosa e fortissima Repubblica di
Venezia. Con la Lega di Cambrai vi era pure la città di Padova e fra
essi la signoria dei Bagarotto. La guerra finì con la sconfitta
della Lega di Cambrai e i traditori tra cui Bertuccio Bagarotto
furono impiccati. Per motivi ignoti la figlia di Bertuccio Bagarotto,
Laura, s'innamorò di Niccolò Aurelio e questa relazione fece molto
scalpore, il gossip veneziano e patavino all'epoca non parlava
d'altro.
Ecco la ragione della committenza di un
quadro ad un pittore che in quel periodo si stava affermando sulla
scia di altri veneti tra cui Giorgione e i Bellini, Tiziano.
Il quadro ora collocato alla galleria
Borghese a Roma, vanta una serie notevole di interpretazioni, per
anni molti critici hanno dato letture diverse dell'opera, e noi,
fedeli all'ermeneutica, sappiano quante più letture vi sono in
un'opera d'arte tanto più elevato è il valore dell'artista.(fig. 1)
Tiziano Amor Sacro e Amor Profano, 1514. |
É il 1514 anno in cui il quadro viene
dipinto, la concezione della bellezza femminile di Tiziano come
dell'Umanesimo era ben definita. Le due donne raffigurate hanno forme
generose e lineamenti tipicamente classici, guance rosse e occhi ben
attenti. Ma esse pur essendo due concezioni dell'amore opposte come
l'amore sacro e l'amor profano, si assomigliano, sembrano sorelle
quasi gemelle.
E, diversamente da come si potrebbe
intendere ad una prima occhiata l'amore sacro non è la donna
vestita, ma la donna "spogliata", richiamo alla nuda
Veritas classica. L'atteggiamento della figura nuda sulla destra è
molto più "spirituale" la posizione anche, sembra
innalzarsi al cielo, si sorregge su un piede solo, e il manto rosso
svolazzante crea questa idea del vento che l'innalza. Inoltre tiene
sulla mano sinistra un cero, una lampada ardente, acceso, simbolo
dell'amore eterno ripreso dalla parabola evangelica delle vergini
savie che tengono il fuoco acceso in attesa dello sposo.
Ricordiamola
Gesù disse ai suoi discepoli questa
parabola: «Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese
le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano
stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero
con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche
dell'olio in piccoli vasi... "
La donna nuda è stata molto spesso
intepretata come Venere, e i colori che Tiziano usa per ritrarla sono
solo il rosso e il bianco. Rosso vivo, ardente, tizianesco, simbolo
della passione e, bianco simbolo della purezza una contraddizione
semprerebbe o forse come hanno interpretato alcuni la passione
spirituale "l'estasi", che prendeva tutto il corpo.
L'atteggiamento dell'amore sacro (Venere) sembra volutamente rivolto
alla sua controparte l'amor profano, la vuole consigliare, forse più
esperta nelle cose dell'amore, e con una espressione meno innocente.
Dall'altro lato l'amore profano,
stranamente tutto vestito lo ricordiamo. Seduta bene quasi
sprofondata sul ciglio della fontana, ben radicata alla terra,
l'amore terreno. Lei sembra guardarci con occhio attento, i capelli
rossi, le guance arrossate. Non si sa se il vestito sia lo stesso
della sposa Laura Bagarotto, sta di fatto che di abito da sposa si
tratta. I guanti, qui indossati, sono tipici delle spose del '500
così come la cintura unico gioello portato come si usava, perchè
doveva risaltare la bellezza della sposa non la bellezza dei
gioielli. Il panneggio della gonna è quanto di più raffinato si
possa trovare in pittura, sapiente gioco di chiaroscuri che
evidenziano una acuta conoscenza di Tiziano della statuaria classica.
È l'immagine di una sposa ideale, bella, raffinata, attenta, non
sappiamo quanto sia fedele a Laura Bagarotto, non possediamo ritratti
di lei, fatto sta che corrisponde alla bellezza ideale e idealizzata
del rinascimento. Le simbologie nuziali sono numerose, ha in mano un
fiore di mirto, fiore coniugale fin dall'antichità che fiorisce
proprio a Maggio mese del matrimonio dei due. I colori sono ancora
una volta il bianco e il rosso, solo il braccio destro è rosso, qui
un altro mistero. Il bianco abbiamo detto candore virginale e il
rosso ardore della passione.
La sposa infine tiene con se un
contenitore chiuso sulla mano sinistra, non si sa precisamente cosa
voglia significare probabilmente un rimando al vaso di Pandora che
sencondo la leggenda mitologica non andrebbe mai scoperto, e la sposa
lo tiene chiuso ad assicurare la pace matrimoniale.
Un'interpretazione un pò bizzarra è quella che vede in questo vaso
chiuso il contenitore delle ceneri del padre della sposa.
Al centro della composizione appare ben
in evidenza un putto, un amorino, senza dubbio Cupido dalle ali che
si scorgono dietro. È posto in primo piano anche da un sapiente
gioco di luce lo sfondo è totalmente scuro, l'arbusto dietro di lui
lo esalta in tutta la sua importanza. Sta giocando con l'acqua, como
gioca un qualunque bambino e sta creando dei cerchi concetrici. La
fusione dei due tipi di amore deve essere garantita nel matrimonio.
L'acqua inoltre fa pensare a rimandi petrarcheschi, l'accostamento al
nome Laura e alle "chiare fresche et dolci acque" è sin
troppo evidente.
Sempre al centro del quadro sopra la
fontana vi è un piatto o meglio una coppa bacellata in argento
dorato, posto in posizione troppo strategica per essere un semplice
ornamento, è una "patera" un piatto rotondo dai bordi
rialzati i cui venivano deposte le offerta agli dei. Ecco da dove si
intuisce che la fontana o l'antico sarcofago trasformato in fontana
diviene un'altare agli dei.
Un famoso studioso un certo Wethey nel
1975 ha affermato che nel fondo del piatto vi sia lo stemma della
famiglia Bagarotto, tuttavia anche dopo il restauro del 1995 non è
affatto chiaro cosa si celi disegnato sul fondo del piatto.
Mentre lo stemma degli Aurelio è
chiaramente visibile nel sarcofaco fontana, uno scudo diviso in due
con un busto di leone nella parte superiore e una coda di serpente in
basso (fig. 2).
Fig. 2 Stemma |
In questo bassorilievo si vede un uomo che percuote
un'altro con una frusta mentre una figura femmile guarda, forse il
rimando a un passato recente della guerra tra la lega di Cambrai e
Venezia, o una contrapposizione tra l'ira e l'agitazione e le figure
ferme e rigidamente serene della parte superiore del quadro. (fig. 3)
Fig. 3 Bassorilievo |
Tutta la composizione è avvolta in un
paesaggio squisitamente bucolico, un campagna veneta? I dintorni di
Venezia? L'entroterra trevigiano? Non si sa, si è insistentemente
cercato un luogo esistente che ricordasse il quadro, invano. È un
paesaggio tipicamente giorgionesco questo si, sulla sinistra un
castello con un torrione circolare,(fig. 4) un'architettura
militaresca probabilmente.
Fig. 4 Paesaggio |
Sulla destra un laghetto con un pastore e
due amanti, due cavalieri a caccia con i loro cani. In poco spazio un
idillio pastorale vicino ad una scena di caccia un'altra
comtrapposizione in questo quadro dagli infiniti rimandi e dualismi
(fig. 5).
Fig. 5 Idillio pastorale e caccia. |
In fondo distese di pianura indefinita,
con campiture di colore blu.
Bibliografia
STEFANO ZUFFI, Amore Sacro e Amor Profano, Misteri dell'arte 24 ore cultura, 2012
STEFANO ZUFFI, Tiziano, Mondadori 1991.
AAVV, Tiziano. Amor sacro e Amor profano, in Cento dipinti, RCS 1998.
|
|