lunedì 26 settembre 2016

I paesaggi urbani di Mario Sironi.

Siamo nel biennio 1919-21 Mario Sironi è appena tornato dalla guerra, l'Italia è un paese da ricostruire. Sironi descrive la periferia una periferia milanese in continuo cambiamento. Nel 1911 infatti gli abitanti del centro erano 234054 mentre fuori dalle mura spagnole vivevano 372623 persone; nel 1921 l'anno di cui ci stiamo occupando, le cifre passarono rispettivamente a 255360 e 463440, con una forte differenza sociale tra il centro e la periferia. La città è monocentrica la ricca borghesia si arrocca sulle vecchie mura del centro storico. Sironi enfatizza il dramma dello squallore della periferia, i suoi paesaggi sono deserti con qualche persona a delineare la solutudine dei luoghi extra moenia (fig. 1,2).

Fig. 1 Mario Sironi, Paesaggio urbano 1927

Fig. 2 Mario Sironi Paesaggio urbano 1920.

Il tema della città era già stato affrontato dai futuristi di cui Sironi fece parte anche se in maniera marginale. I temi sono quelli del futurismo, la città, la velocità, il dinamismo ma la declinazione che ne da Sironi è tutta particolare e personale. 
Ad esempio un soggetto molto amato e rappresentato dai futuristi non solo italiano fu il ciclista, nel 1913 Boccioni (fig. 3) nel suo perfetto stile ne rappresenta la velocità, il dinamismo la scomposizione cubo futurista, la sfida era quella di rappresentare il movimento in un supporto: la tela dipinta che non è mobile.

Fig. 3 Umberto Boccioni. Dinamismo di un ciclista 1913


Da un altra parte del mondo in Russia Natalia Goncharova (Fig. 4)rappresentava il ciclista sempre in maniera dinamica ma più vicina al cubismo, con una sovrapposizione di paesaggi quasi ad essere il ciclista stesso che vede forme, scritte, edifici in movimento.
Fig. 4 Natalia Goncharova Il ciclista 1913



Arriviamo al limite del futurismo con Fortunato Depero (Fig. 5), che, rinunciando al qualsiasi tipo di stilema rappresenta il movimento in sè, il paesaggio è sparito, rimangono solo le linee del vento e della velocità.
Fig. 5 Fortunato Depero, ciclista moltiplicato 1922.




Sironi dal canto suo coniuga in soggetto in maniera del tutto personale (fig.6) siamo nel 1916, la sua adesione al futurismo è opera fatto si è detto, con dei distinguo. La dinamicità è più rozza più fumettistica diciamo, le linee sulla strada denunciano il movimento, la ruota si capisce che gira, ma il paesaggio è immobile, fermo, si già sta delineando la poetica dei paesaggi urbani.

Fig. 6 Mario Sironi Il ciclista 1916

Il paesaggio si nota in questo quadro è immobile anonimo, non dinamico e seriale. 


Sempre nel 1921 Massimo Bontempelli scrive di un viaggio alle periferie milanesi nel suo racconto "La vita operosa", vi si legge in esso: "ma già le piazze e le vie si facevano mano a mano meno affollate e meno illustri. L'aspetto delle botteghe e delle case graduava rapidamente dalla metropoli al suburbio. Entrammo nell'ignoto. Raggiungemmo l'aborigeno. Ogni tanto la carrozza, mossa da non so quali occulte cagioni, invece di proseguire diritta svoltava in vie laterali, e quasi a ognuna di quelle mutazioni di rotta il colore delle muraglie e dei selciati si faceva più languido e afflitto. Le sfilate dei muri grigi presentavano ormai rara l'interruzione d'una donchisciottesca barberia o d'una drogheria sudicia rinforzata dalla giunta d'un romantico bar."
Vi è una forte monotonia in questi quadri le case i palazzi sono una serie noiosa e seriale di finestre simmetriche (fig.7,8,9) ciò potrebbe far pensare ad un Sironi metafisico che "interpreta" De Chirico, con i suoi paesaggi vuoti e deserti e le sue piazze (fig. 10).

Fig. 7 Mario Sironi Paesaggio urbano 1921.

Fig. 8 Mario Sironi Paesaggio urbano 1922

Fig. 9 Mario Sironi Paesaggio urbano 1919 schizzo.

Fig. 10 De Chirico Piazza d'Italia 1915






 L'influenza dechirichiana si è sicuramente fatta sentire ma vedo in Sironi anche un intento politico, manifestamente pro proletariato. La speculazione edilizia era ai massimi livelli, le abitazioni suburbane erano dormitori senza alcun servizio connesso, la fame di case favoriva la vendita di residenze di scarsa qualità e di una desolante metropoli periferica. Le composizioni sironiane sono plastiche ed immobili un richiamo forse ai paesaggi di Masaccio o di Piero della Francesca. (fig. 11) notiamo ad esempio il fondale del ritrovamento della vera Croce ad Arezzo del 1460, la plasticità, la semplice geometria delle architetture ricordano sicuramente Sironi e con lui altri novecentisti.

Fig. 11 Piero della Francesa, Ritrovamento della vera croce 1460


Siamo di fronte ancora una volta ad un intento politico, lo stile propriamente italiano di modellare forme cubiche con "valori plastici" molto forti, era un richiamo ai valori nazionalistici da parte di Sironi. Fascista sin dagli albori del movimento e mai pago dei suoi ideali, aderì alla Repubblica di Salò, vedeva assieme a Marinetti la causa del lavoratore legata a quella della patria. Marinetti auspicava nei suoi scritti futuristi oltre al suffragio universale, alla giornata lavorativa di otto ore e al diritto allo sciopero e, accanto a questi l'educazione patriottica del proletariato e l'orgoglio di tutto il popolo italiano.
I paesaggi urbani di Sironi, non solo trapelano mistero e cupezza, ma anche covano una violenza repressa, in quel periodo 1920 erano molto forti le tensioni sociali, molti operai si ribellavano alle stette paghe e agli orari di lavoro troppo lunghi, i sindacati avevano sempre più aderenti. Nei dipinti le fabbriche hanno forme aggressive il soggetto principale diviene un autocarro austero e minaccioso, quasi una sentinella che vigila sulla quiete sociale (fig. 12,13). 
Fig. 12 Mario Sironi Paesaggio urbano, 1922

Fig. 13 Mario Sironi Paesaggio urbano, 1921


Il modello ripetuto sembra sia stato il FIAT 18 Bl, usato sia per motivi militari che civili, ma che durante il fascismo portava gli squadristi a compiere i loro atti punitivi! In una illustrazione del 1939 sulla rivista "Viva il duce" Sironi pubblicherà lo stesso autovettura pieno di squadristi con armi e bandiere (fig. 14)

Fig. 14 Mario Sironi Ventitrè Marzo 1919, 1939

Ma al di là degli intenti politici sironiani siamo di fronte ad un fenomeno che interesserà tutta l'Europa, cioè l'anonimità delle periferie, la loro mancanza di genius loci, il loro essere non-luoghi, cupi tristi che più che essere il luogo del riposo domestico diventano il luogo del disagio sociale e dello spaesamento.

Un architetto post moderno come Aldo Rossi, deve molto ai paesaggi urbani di Sironi molti dei suoi disegni hanno le stesse caratteristiche del pittore sassarese (fig. 15.16)

Fig. 15 Mario Sironi Paesaggio con ciminiere, 1939


Fig. 16 Aldo Rossi, Progetto per una torre 1996
Bibliografia:
Emily Braun, Mario Sironi Arte e politica in Italia sotto il fascismo, Bollati Boringhieri 2003
Rossana Bossaglia, Sironi e il Novecento, in Art e Dossier 1991.