giovedì 23 giugno 2016

Paul Klee punti spunti su un pittore estemporaneo.



Mai nella storia delle avanguardie artistiche del 900 ci si imbatte in una figura così particolare e unica come Paul Klee. Nativo di Berna la sua non può essere semplicemente annoverata tra le pitture d'avanguardia che scimiottavano il cubismo e il futurismo. Se infatti la sua è una pittura astratta per alcuni versi può essere considerata più naturale e vera di quella dei cubistie e dei futuristi. Mentre infatti i futuristi volevano "fermare" il movimento, rappresentare il mondo frenetico della metropoli, e, come "fermare" sulla tela qualcosa che si muove.... lo scacco era là ad aspettarli, la contraddizione era palese, il loro tentativi sono stati affrontati in vario modo: o le forme puntinate di Boccioni o i raggi e le spirali di Balla. Dall'altra parte la scomposizione dello spazio cubista di Picasso partiva comunque da una realtà e tentava di decomporla, interpretando una nuova visione che mirava ad oltrepassare lo spazio prospettico rinascimentale. Klee va in un'altra direzione ciò che a lui interessa dell'arte è la genesi, il movimento in una accezione diversa dai futuristi abbiamo visto. La sua pittura parte sempre dalla natura dal vero ma non è un semplice processo mimetico il suo vuole rendere visibili anche le cose invisibili. "l'arte non ripete le cose visibili ma rende visibile" nell'incipit di un suo scritto molto importante "Confessione Creatrice" in cui si intuiscono le sue letture Goethiane.
Goethe lo si trova sempre nell'opera pittorica di Klee, soprattutto per il suo rapporto con la natura e la sua genesi. Noto è il brano di Goethe nel suo viaggio in Italia nel quale descrive la sua esperienza all'orto botanico di Palermo. Infatti osservando le varia parti delle piante intuì che queste non sono che frammenti, parti di una pianta madre primordiale, archetipo della pianta. Non ci sono disegni di essa essendo puramente ideale: un eidos platonico. Siamo molto lontani dalla concezione darwinista dell'evoluzionismo, e Klee abbraccia questa idea goethiana della genesi della primordialità delle cose di natura. Il legame di Klee con la natura è inscindibile, anche nei suoi quadri più astratti esiste sempre una traccia dell'elemento naturale, a differenza di altra pittura astratta per esempio quella di Kandinsky in cui vi sono anche paesaggi "dell'anima" totalmente lontani da qualunque rapporto mimetico con la natura. Klee non imita le forme visibili ma si rifà ai primordi del visibile, all'origine.
Un quadro in particolare (fig. 1) ci aiuta a capire meglio questi concetti, in occasione di un viaggio in Tunisia in cui Klee rimarrà folgorato dai colori e dal clima dal clima di quei luoghi fino a dire nei suoi diari: 1914 "Interrompo il lavoro. Un senso di conforto penetra in me, mi sento sicuro, non provo stanchezza. Il colore mi possiede. Non ho bisogno di tentare di afferrarlo. Mi possiede per sempre lo sento. Questo è il senso dell'ora felice: io e il colore siamo tutt'uno. Sono pittore".



Fig. 1 Monumento al paese fertile.



 Alcuni critici parlano infatti di due fasi dell'opera di Klee una prima e una dopo il viaggio il Tunisia appunto per questa sua maturità consapevole dell'essere artista, e più che artista "Pittore". Il quadro si diceva è intitolato Monumento al paese fertile, una astrazione di quella che può essere una fotografia dall'alto del paesaggio che da desertico si trasforma in paesaggio fertile, popolato. Ricordando una certa assonanza con le partiture musicale, Klee lo sappiamo è stato un ottimo musicista, il quadro ha una sua logica ritmica: una parte si divide in due, poi in quattro, poi in sedici da destra verso sinistra, ancora qui troviamo una certa idea di movimento nel senso di transizione, passaggio non nel senso dinamico dei futuristi ricordiamolo. Un'altra opera che fissa l'idea del movimento è "Separazione di sera" (fig. 2): riportiamo le sue stesse parole: "intervenendo movimento e contromovimento (salita e caduta), gli opposti collidono (...) la base normativa superiore (scura) è accentuata con maggiore vigore: l'irrompente oscurità prevale".


Fig. 2 Separazione di sera.

 Anche qui ci troviamo di fornte un'opera bidimensionale, Klee ha già fatto una riflessione sulla tridimensionalità nell'arte e nella pittura, tre quadri in particolare spiegano questo: il Ricordo di Gersthofen (fig. 3) nel 1918 ci troviamo di fronte ad una prospettiva pre rinascimentale una prospettiva in cui ci si ricorda di una certa pittura medievale, giottesca direi, la scena è racchiusa in una scatola la cui assonometria non è ben definita. 

Fig. 3 Ricordo di Gersthofen 1918.

L'altro quadro è la "Stanza Prospettica con abitanti" (fig. 4) del 1921: una griglia rigida di linee "incastra" lo spazio, due figure umane sono stese a terra impigliate anche loro nella trama delle linee prospettiche, ci troviamo di fronte alla rigidità della prospettiva rinascimentale, uno spazio scientifico in cui la libertà artistica è quasi schiacciata. 

Fig. 4 Stanza prospettica con abitanti.

La liberazione avviene nel quadro: Nichtkomponiertes Im Raum del 1929 (fig. 5). Lo spazio si è aperto non esistono più rigide linee prospettiche che incasellano lo spazio, è il trionfo della spazialità contemporanea, i volumi fluttuano nello spazio senza alcuna griglia. 

Fig. 5 Nichtkomponiertes Im Raum 


É questa libertà che fa dire Klee l'arte risale alle genesi al processo di formazione, si tratta di attingere ad un fondo segreto come magistralmente ha descritto Marco Vozza nel suo testo: la forma del Visibile: filosofia e pittura da Cezanne a Bacon.: "Non limitandosi a riprodurre il visibile della percezione ottica, l'arte determina quell'ampliamento d'esperienza di cui parlava Fiedler, promuove un incremento d'essere perchè è capace di trasformare bagliori fortuiti in significati strutturati, portando tragicamente alla luce tutti quei mondi possibili, in cui albergano i morti e i non nati, che soltanto un angusto principio di realtà o la perseveranza di un'estetica naturalistica possono trascurare, confinandoli nel regno dell'incompiuto". Si parla di mondi possibili in una dimensione che sta tra la vita e la morte quel mondo di mezzo spiegato nel doppio regno da Rilke nei sonetti ad Orfeo nella prima elegia. È quel doppio regno "la cui profondità o influsso noi, ovunque indelimitati, dividiamo con i morti e con coloro che verranno". E anche il regno degli angeli, troppo imperfetti per essere come Dio e troppo perfetti per essere come gli uomini. È un topos di Klee quello dell'angelo, nessun essere è stato più presente di lui nella sua produzione, sono tuttavia angeli caduchi, infelici con una dubbia femminilità. Il primo di essi è "L'eroe con l'ala" appartiene al primo periodo pittorico di Klee, vi è raffigurato una figura deforme con un'ala sola, di una creatura che ha tentanto di volare ma che resta sempre a terra, cade continuamente ma tuttavia rimane il desiderio del volo, ha perso anche il braccio o forse si è trasformato in ala, un'ala che non gli permette di volare però. "La mia ala è pronta al volo/ritorno volentieri indietro/poiché restassi pur tempo vitale,/ avrei poca fortuna» recita una poesia di Gershom Scholem, amico e scrittore di Walter Benjamin, che ha fatto del quadro Angelus Novus di Klee una vera e propria icona centrale delle sue "Tesi sul concetto di storia". In quest'ultimo testo infatti viene ribaltato il concetto classico di storia sia nella visione hegheliana che quella marxista, l'una il senso ideale la prima, l'altra in senso materialistico la seconda entrambe avevano in comune un concetto di storia lineare, progressiva con una tensione verso il miglioramento, la storia è una freccia rivolta in una certa direzione, con un atteggiamento passivo dello status quo. 

Fig. 6 Angelus Novus

Benjamin sovverte tutto questo: nel rapporto presente-passato si cerca la redenzione attraverso la memeoria. " "È il presente che genera dal suo interno il proprio passato, e il passato non può sussistere indipendentemente da un presente che lo testimonia e lo redime." dice Benjamin. E riguardo al quadro di Klee (fig. 6): "C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta."
L'angelo di Klee e di Benjamin è un angelo che cerca qualcosa di positivo affinchè non ci arrendiamo al nichilismo e alla morte del senso che pervade i nostri giorni, ma fa intravvedere pur nella caducità un forma di lotta contro il nulla contemporaneo.


Bibliografia: 

Giuseppe di Giacomo, Introduzione a Klee, Editore Laterza 2004

Argan, Prefazione a Paul Klee, Teoria della forma e della figurazione, Feltrinelli Milano1959

M. Pasquali, Paul Klee figure e metamorfosi,Mazzotta Milano 2000

L. La stella A. Cevernini, Gli infiniti nomi dell'angelo, ed. Inconscio e Società, 2014.

M. Vozza, La forma del Visibile: filosofia e pittura da Cezanne a Bacon. Pendragon 1999.