martedì 13 ottobre 2015

Tiziano. Amor Sacro e Amor Profano.

Aveva solo 25 anni quando il giovane pittore cadorino Tiziano fu incaricato da Niccolò Aurelio di dipingere un quadro che rappresentasse l'amore eterno spirituale e l'amore complesso terreno. Niccolò Aurelio era veneziano, e la Serenissima usciva da una lunga guerra con la terraferma guidata dalla cosidetta Lega di Cambrai, che, spinti da Massimiliano I d'Asburgo voleva battere la prestigiosa e fortissima Repubblica di Venezia. Con la Lega di Cambrai vi era pure la città di Padova e fra essi la signoria dei Bagarotto. La guerra finì con la sconfitta della Lega di Cambrai e i traditori tra cui Bertuccio Bagarotto furono impiccati. Per motivi ignoti la figlia di Bertuccio Bagarotto, Laura, s'innamorò di Niccolò Aurelio e questa relazione fece molto scalpore, il gossip veneziano e patavino all'epoca non parlava d'altro.
Ecco la ragione della committenza di un quadro ad un pittore che in quel periodo si stava affermando sulla scia di altri veneti tra cui Giorgione e i Bellini, Tiziano.
Il quadro ora collocato alla galleria Borghese a Roma, vanta una serie notevole di interpretazioni, per anni molti critici hanno dato letture diverse dell'opera, e noi, fedeli all'ermeneutica, sappiano quante più letture vi sono in un'opera d'arte tanto più elevato è il valore dell'artista.(fig. 1)

Tiziano Amor Sacro e Amor Profano, 1514.

É il 1514 anno in cui il quadro viene dipinto, la concezione della bellezza femminile di Tiziano come dell'Umanesimo era ben definita. Le due donne raffigurate hanno forme generose e lineamenti tipicamente classici, guance rosse e occhi ben attenti. Ma esse pur essendo due concezioni dell'amore opposte come l'amore sacro e l'amor profano, si assomigliano, sembrano sorelle quasi gemelle.
E, diversamente da come si potrebbe intendere ad una prima occhiata l'amore sacro non è la donna vestita, ma la donna "spogliata", richiamo alla nuda Veritas classica. L'atteggiamento della figura nuda sulla destra è molto più "spirituale" la posizione anche, sembra innalzarsi al cielo, si sorregge su un piede solo, e il manto rosso svolazzante crea questa idea del vento che l'innalza. Inoltre tiene sulla mano sinistra un cero, una lampada ardente, acceso, simbolo dell'amore eterno ripreso dalla parabola evangelica delle vergini savie che tengono il fuoco acceso in attesa dello sposo. Ricordiamola
Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi... "
La donna nuda è stata molto spesso intepretata come Venere, e i colori che Tiziano usa per ritrarla sono solo il rosso e il bianco. Rosso vivo, ardente, tizianesco, simbolo della passione e, bianco simbolo della purezza una contraddizione semprerebbe o forse come hanno interpretato alcuni la passione spirituale "l'estasi", che prendeva tutto il corpo. L'atteggiamento dell'amore sacro (Venere) sembra volutamente rivolto alla sua controparte l'amor profano, la vuole consigliare, forse più esperta nelle cose dell'amore, e con una espressione meno innocente.
Dall'altro lato l'amore profano, stranamente tutto vestito lo ricordiamo. Seduta bene quasi sprofondata sul ciglio della fontana, ben radicata alla terra, l'amore terreno. Lei sembra guardarci con occhio attento, i capelli rossi, le guance arrossate. Non si sa se il vestito sia lo stesso della sposa Laura Bagarotto, sta di fatto che di abito da sposa si tratta. I guanti, qui indossati, sono tipici delle spose del '500 così come la cintura unico gioello portato come si usava, perchè doveva risaltare la bellezza della sposa non la bellezza dei gioielli. Il panneggio della gonna è quanto di più raffinato si possa trovare in pittura, sapiente gioco di chiaroscuri che evidenziano una acuta conoscenza di Tiziano della statuaria classica. È l'immagine di una sposa ideale, bella, raffinata, attenta, non sappiamo quanto sia fedele a Laura Bagarotto, non possediamo ritratti di lei, fatto sta che corrisponde alla bellezza ideale e idealizzata del rinascimento. Le simbologie nuziali sono numerose, ha in mano un fiore di mirto, fiore coniugale fin dall'antichità che fiorisce proprio a Maggio mese del matrimonio dei due. I colori sono ancora una volta il bianco e il rosso, solo il braccio destro è rosso, qui un altro mistero. Il bianco abbiamo detto candore virginale e il rosso ardore della passione.
La sposa infine tiene con se un contenitore chiuso sulla mano sinistra, non si sa precisamente cosa voglia significare probabilmente un rimando al vaso di Pandora che sencondo la leggenda mitologica non andrebbe mai scoperto, e la sposa lo tiene chiuso ad assicurare la pace matrimoniale. Un'interpretazione un pò bizzarra è quella che vede in questo vaso chiuso il contenitore delle ceneri del padre della sposa.
Al centro della composizione appare ben in evidenza un putto, un amorino, senza dubbio Cupido dalle ali che si scorgono dietro. È posto in primo piano anche da un sapiente gioco di luce lo sfondo è totalmente scuro, l'arbusto dietro di lui lo esalta in tutta la sua importanza. Sta giocando con l'acqua, como gioca un qualunque bambino e sta creando dei cerchi concetrici. La fusione dei due tipi di amore deve essere garantita nel matrimonio. L'acqua inoltre fa pensare a rimandi petrarcheschi, l'accostamento al nome Laura e alle "chiare fresche et dolci acque" è sin troppo evidente.
Sempre al centro del quadro sopra la fontana vi è un piatto o meglio una coppa bacellata in argento dorato, posto in posizione troppo strategica per essere un semplice ornamento, è una "patera" un piatto rotondo dai bordi rialzati i cui venivano deposte le offerta agli dei. Ecco da dove si intuisce che la fontana o l'antico sarcofago trasformato in fontana diviene un'altare agli dei.
Un famoso studioso un certo Wethey nel 1975 ha affermato che nel fondo del piatto vi sia lo stemma della famiglia Bagarotto, tuttavia anche dopo il restauro del 1995 non è affatto chiaro cosa si celi disegnato sul fondo del piatto.
Mentre lo stemma degli Aurelio è chiaramente visibile nel sarcofaco fontana, uno scudo diviso in due con un busto di leone nella parte superiore e una coda di serpente in basso (fig. 2). 

Fig. 2 Stemma 

In questo bassorilievo si vede un uomo che percuote un'altro con una frusta mentre una figura femmile guarda, forse il rimando a un passato recente della guerra tra la lega di Cambrai e Venezia, o una contrapposizione tra l'ira e l'agitazione e le figure ferme e rigidamente serene della parte superiore del quadro. (fig. 3)

Fig. 3 Bassorilievo

Tutta la composizione è avvolta in un paesaggio squisitamente bucolico, un campagna veneta? I dintorni di Venezia? L'entroterra trevigiano? Non si sa, si è insistentemente cercato un luogo esistente che ricordasse il quadro, invano. È un paesaggio tipicamente giorgionesco questo si, sulla sinistra un castello con un torrione circolare,(fig. 4) un'architettura militaresca probabilmente. 

Fig. 4 Paesaggio

Sulla destra un laghetto con un pastore e due amanti, due cavalieri a caccia con i loro cani. In poco spazio un idillio pastorale vicino ad una scena di caccia un'altra comtrapposizione in questo quadro dagli infiniti rimandi e dualismi (fig. 5).

Fig. 5 Idillio pastorale e caccia.

In fondo distese di pianura indefinita, con campiture di colore blu.


Bibliografia 

STEFANO ZUFFI, Amore Sacro e Amor Profano, Misteri dell'arte 24 ore cultura, 2012

STEFANO ZUFFI, Tiziano, Mondadori 1991. 

AAVV, Tiziano. Amor sacro e Amor profano, in Cento dipinti, RCS 1998.